“Una concezione multimediale della società deve considerare tutte le vulnerabilità che non permettono alle persone di essere agenti in pieno: povertà, mancanza di lavoro o di un’abitazione, solitudine non volontaria”.

È stata questa la citazione di Salvatore Veca – filosofo e accademico italiano recentemente scomparso – con cui Giovanni Iozzi ha iniziato la presentazione della ricerca sulla “VIS”, la “Valutazione dell’Impatto Sociale”, per stimare appunto l’impatto delle cooperative sociali, utilizzando uno strumento di misura che suggerisca azioni utili al miglioramento delle performance e che permetta di poterne stimare gli effetti nel tempo. Un lavoro partito dalla costruzione di un indice di sintesi che a sua volta raccoglie contributi di altri tre indici diversi che sono: i territori di riferimento, le performance aziendali e le relazioni con il corpo sociale. Tre dimensioni ponderate e standardizzate che hanno poi dato vita ad un indice di impatto, presentato in una forma numerica.

Una ricerca partita dal territorio, prendendo come riferimento quello in cui sono presenti le cooperative della rete che lavorano su 434 comuni, sui quasi 800 del territorio nazionale, ovvero il 5,5 %. Un territorio che esprime un reddito significativo ma che da solo non spiega la competitività, la qualità della vita, l’armonia tra domanda e offerta di beni e servizi, la sostenibilità e il benessere integrato. I dati di riferimento sono stimati su 8 aree di pertinenza: agricoltura, istruzione/formazione, risorse umane, potenzialità del territorio, impresa lavoro, demografia, ricchezza e turismo. Per ciascuna di queste aree è stato assegnato un punteggio. Una “Performance Integrata del Benessere” che, con il suo dettaglio di conoscenze, diventa uno strumento utilissimo agli amministratori per pianificare le strategie di intervento, oltre a permettere alle cooperative di stimare il proprio posizionamento sugli assi di priorità e di bisogno, soprattutto nei comuni più piccoli.

“L’equilibrio di una idea moderna di sostenibilità – ha precisato Giovanni Iozzi – non è dato né dalla sola economia e neanche dall’economia più l’ambiente, come ora si tende un po’ a fare. L’equilibrio e la durabilità nel tempo della sostenibilità sono dati dalla presenza condizionante della terza gamba che è la dimensione della socialità.”

La relazione con i soci è la parte più importante di questo mondo, perché trattandosi di cooperative di inserimento lavorativo, è il cuore del sistema: una realtà che non si misura con la capacità di produrre utili ma con la capacità di produrre utilità sociale, che significa la responsabilità che hanno le cooperative di accompagnare i lavoratori nel loro ruolo di cittadinanza attiva e diretta. Lavoratori che la ricerca ha dimostrato essere la parte più fragile degli occupati in Italia: anziani, persone con titoli di studio bassi, stranieri che abitano in affitto, senza competenze di tipo informatico e operai che sul piano relazionale sono poco istruiti e introdotti.

“Sono stati tre i gradi ambiti di valutazione – conclude Giovanni Iozzi – che contribuiscono a costruire il risultato della ricerca generando l’indice di impatto. Un numero che rappresenta per le cooperative una vera e propria misurazione, con la quale si può verificare la qualità e la quantità dei servizi di ciascuna, stimarne gli effetti e le ricadute che producono sui lavoratori e sulla comunità,  oltre a consentire  la costruzione di uno scenario che vada nella direzione dell’inclusione della coesione e della sostenibilità. Un lavoro che sostanzialmente ha cercato di creare una bussola dei bisogni sociali che rappresenti i bisogni e la priorità che la cooperativa può contribuire a soddisfare.”

e.v.