marco ottocento
Il progetto Valemour tra gli esempi di buone prassi al convegno “Sono adulto!”, un esperienza internazionale d’inserimento lavorativo che passa anche dal territorio riminese

Tra i relatori del workshop sul lavoro nell’ambito del convegno Sono adulto, era presente anche Marco Ottocento della cooperativa Più di un Sogno di Verona, proprietaria del marchio Valemour. Un progetto internazionale, visto come esempio di percorso sociale di inserimento lavorativo, che ha coinvolto anche alcune realtà sociali riminesi. Il progetto è nato a Verona nel marzo del 2004 grazie alla Fondazione Più di un sogno, che adesso coinvolge quasi 40 ragazzi con disabilità intellettiva tra i 19 e 35 anni. Crescere Insieme è l’associazione riminese che riunisce intorno a se le famiglie di persone con sindrome di Down e disabilità intellettiva, che, insieme a La Formica (Coop. Soc onlus), è entrata a far parte di questa iniziativa, che coinvolge altre otto associazioni presenti nelle città di Verona, Torino, Cosenza, Palermo, Padova, Cuneo, Firenze e Treviso. A Rimini, presso il capannone della cooperativa, è stato realizzato un laboratorio dove i ragazzi con disabilità intellettiva dipingono i tessuti che servono a Geox per fare le scarpe della linea Valemour.

Marco Ottocento, in questo convegno si è parlato di autonomia e autodeterminazione qual’è il ruolo del lavoro in questa prospettiva?

Il lavoro è indispensabile nel progetto di autonomia e nel progetto di vita dei nostri ragazzi . Se ci hanno insegnato sin da piccoli che il lavoro nobilita l’uomo questo vale per qualsiasi uomo.

Ma il lavoro e essenziale anche per avere un proprio ruolo , quindi se parliamo di autodeterminazione il lavoro diventa una cosa indispensabile. Avere un ruolo specifico nel mondo del lavoro è  molto importante per avere poi un ruolo nella società. Credo sia una cosa fondamentale.

A proposito di autodeterminazione, nel tuo intervento al convegno ha detto che non solo i genitori devono fare le scelte riferite al lavoro in ordine al futuro dei propri figli.  Cosa intendevi con questa provocazione ?

Si diciamo che il genitore ha una difficoltà oggettiva.  La storia ci insegna anche dai proverbi che ogni figlio è figlio di mamma sua. C’è infatti questo rischio che il figlio lo vedi o troppo bravo o troppo inadeguato. Per questo motivo secondo me il genitore non è assolutamente la persona più adatta.  La strada migliore è un’alleanza tra diverse figure tra cui fondamentale la figura dell’educatore, uno dei professionisti che affiancano la famiglia e che permettono al genitore di fare quello che dovrebbe essere il suo ruolo. È indispensabile il confronto del figlio con i genitori a casa ma il figlio contemporaneamente devi avere confronti con il datore di lavoro, con l’educatore, con l’insegnante a scuola con l’allenatore, ecc.. Come del resto accade dire per gli altri figli.  Non è pensabile che un genitore segua sempre un figlio normodotato, perché dunque dobbiamo pensarlo anche per un figlio disabile.

C’è da dire anche che noi fondiamo la nostra attività sulla sussidiarietà. Cosa vuol dire? Vuol dire che noi dobbiamo investire sui nostri ragazzi. Solo in questo caso abbiamo una forma mentis  inclusiva.  Se vediamo i nostri ragazzi come assistiti, e non investiamo su di loro, ad esempio riceviamo dei sussidi dello Stato e non li impieghiamo per il loro futuro, questa è una forma mentis che porta all’esclusione.

Hai parlato anche di questo ruolo di mediazione che svolge la tua cooperativa nei confronti delle aziende dove inserire persone svantaggiate. Un lavoro di preparazione del contesto lavorativo dentro cui poi avviene l’inserimento lavorativo. Come avviene nel dettaglio questo processo?

L’idea fondamentale nei confronti dell’impresa è che noi dobbiamo aiutare l’imprenditore ad assolvere un obbligo di legge. Cioè aiutiamo l’imprenditore a capire quali sono le potenzialità dei nostri ragazzi. Un imprenditore non può sapere cosa può fare un disabile intellettivo dentro la sua azienda e così noi,  con i nostri educatori (non i genitori ma gli educatori) entriamo in azienda, facciamo una mappatura dei ruoli, individuano un ruolo all’interno dell’azienda che può essere idoneo. Poi prepariamo all’interno della nostra cooperativa il ragazzo alle mansioni che dovrà fare. Quando è pronto lo seguiamo con l’educatore,  preparando anche il contesto che lo accoglie cioè il suo nuovo ambiente di lavoro individuando un leader che possa essere per lui un punto di riferimento e dopo rimaniamo sempre a disposizione dell’imprenditore o dei colleghi per valutare le difficoltà  che eventualmente si posso incontrare. Facciamo se occorre anche il ‘sindacato a rovescio’, cioè se l’azienda va in difficoltà, anche nel caso di contratto a tempo indeterminato, è corretto che il ragazzo torni da noi per essere ripreparato perché se l’azienda è in crisi il nostro ragazzo andrà molto più in difficoltà rispetto ai suoi colleghi normodotati. 

E’ proprio questo l’ambiente in cui si è formato anche il progetto Valemour.  Un brand internazionale che ha coinvolto anche realtà sociali riminesi.  Che cos’è Valemour e a che punto del sua crescita è arrivato?

Si Valemour è un brand,  ha dentro un progetto chiaramente ma è un breand. L’unione delle parole  Vale e Glamour che rappresenta un alleanza forte fra mondo profit e mondo non profit. In questo momento stiamo facendo alcune collaborazioni con aziende del mondo Profit, quella che ha avuto più riscontro è Geox for Valemour, che ha coinvolto anche le realtà sociali di Rimini Crescere Insieme e La Formica,  ma stiamo lavorando anche con altre imprese molto importanti dove non solo stiamo producendo alcuni prodotti in co-brending  come nel caso di Valemour, ma stiamo sperimentando nuove situazioni valutando alcune dinamiche interne all’impresa. In particolare con Geox ma anche con l’Oreal a Torino.  Stiamo valutando quello che noi chiamiamo l’AB formativo all’interno dell’impresa stessa. Si tratta di una cosa molto interessante che secondo me potrebbe aprire ad una nuova dinamica alla legge 68 del 99 ed in particolare all’articolo 14. Potrebbe essere un giusto mix, cioè fare formazione all’interno dell’azienda con le commesse delle aziende. Questa per noi ora è davvero una prospettiva interessante.

Per quanto riguarda Valemour c’è stato un interesse anche dall’estero in particolare dalla Spagna, me lo confermi ?

Si Geox for Valemour ha fatto anche un edizione spagnola dove abbiamo riprodotto il modello italiano. Assieme a Geox abbiamo messo parte dei contributi che arrivano dalla vendita delle shopping-bag. SI tratta di un terzo di quel fondo, quindi anche di una somma importante, da investire in bandi europei. Abbiamo fatto bandi in 5 paesi: Francia , Spagna, Germania, Italia e Inghilterra e abbiamo ricevuto progetti d’inclusione lavorativa da tutti questi paesi e adesso li stiamo valutando. In particolari sono arrivati da Italia e Spagna gli altri arriveranno e con i soldi che transiteranno nella Fondazione più di un sogno, andremo a finanziare dei progetto europei di inclusione lavorativa creando così una sorta di circolo virtuoso. Ci sono anche per il territorio riminese altre proficue collaborazioni che stanno prendendo forma.