Le riflessioni sulle dichiarazioni di Raffaele Cantone tratte da “NotizieInRete n.386”, la Newsletter del Consorzio Nazionale Idee in Rete
L’intervista a Raffaele Cantone apparsa su Avvenire il 3 agosto, così come alcune dichiarazioni dello stesso Cantone qualche settimana fa a Otto e mezzo (minuto 13:45) meritano più di una riflessione. In entrambi i casi il presidente ANAC, accanto a considerazioni generali sulla perdita dello spirito cooperativo e la spregiudicatezza dell’agire imprenditoriale delle grandi cooperative, affonda anche su questioni a noi vicine, individuando tra l’altro ripetutamente uno dei nodi della questione negli affidamenti finalizzati all’inserimento lavorativo: “La questione si pone per le cooperative sociali di tipo B che nascono non per svolgere attività di lucro e che proprio per questo possono accedere al sistema degli appalti senza gare ma con affidamenti diretti, una corsia preferenziale” (Avvenire) “Abbiamo una legislazione di affidamenti degli appalti, anche di lavori oltre che di servizi alle cooperative di tipo B cioè a quelle non lucrative che prescinde completamente dal codice degli appalti” … lo trovo assolutamente sbagliato …” (Otto e Mezzo)
Di qui alcune riflessioni.
Cantone è persona benemerita per molti motivi, presenti e passati, e per questo leggere sue dichiarazioni di questo tenore risulta particolarmente spiazzante. L’effetto di disorientamento si moltiplica ancor di più quando si trovano una accanto all’altra affermazioni pienamente condivisibili – comprese quelle che giustamente puntano il dito sui fenomeni degenerativi del movimento cooperativo – e altre scoordinate. Immaginiamo il lettore non proprio di settore che dopo aver letto (Avvenire) due paragrafi su Cpl e sui “colossi che vincono cinquecento o mille appalti e che non hanno nulla più di cooperativo” legge la risposta alla successiva domanda, quella in cui l’intervistatore gli chiede allora quali modifiche normative ritenga necessarie per contrastare tali fenomei, e legge appunto la dichiarazione sopra riportata che individua il nodo nella “corsia preferenziale” per le cooperative B. Che c’entra? Nulla, ma possiamo ben immaginare il lettore non specialista che, sulla base dell’autorevolezza di Cantone, inizia a pensare che metanizzazione o tratte di TAV siano affidate con l’art. 5 della 381/1991.
E cosa c’entrano gli affidamenti a cooperative B con l’accoglienza dei migranti (“Vogliamo affidare a una cooperativa di tipo B l’accoglienza degli immigrati? Va bene, ma facciamo un bando tra tutti quelli che hanno i requisiti”)? Nulla, e se c’entrano è perché qualcuno sta violando le norme che già ci sono.
E non è preoccupante vedere il convenzionamento per l’inserimento lavorativo trattato in modo così evidentemente approssimativo sia dal punto di vista giuridico che del significato profondo di queste norme? (Ma per fortuna va dato atto che di ben altro livello è la trattazione che se ne fa nel documento ANAC oggetto di consultazione in queste settimane)
E dire che lo spirito cooperativistico si è snaturato e che è diventato un “meccanismo di abuso, un vero e proprio bubbone” non è un po’ eccessivo oltre che generico? Come sarebbe dirlo del Ministero delle Finanze per gli scandali Finmeccanica o degli “imprenditori italiani” in generale visto quanto ha fatto l’ILVA, Parmalt o Cirio. Andare per generalizzazioni e luoghi comuni non fa mai bene e certe affermazioni (“si arriva perfino a rubare i soldi agli immigrati”), buttate lì senza le opportune delimitazioni, soprattutto quanto escono dalla bocca non di un anonimo e rabbioso commentatore di un blog, ma del presidente ANAC, sono fuorvianti, perché restituiscono un’immagine complessiva molti distante dalla realtà.
Queste cose si possono dire con serenità, anche quando ad affermarle è Cantone, senza passare per essere difensori di quanto di marcio c’è nel sistema?
Sì, si può.
A patto di considerare con serietà anche gli aspetti condivisibili di questi interventi e primo tra tutti il richiamo ad un recupero del vero spirito della cooperazione che giustamente Cantone sottolinea.
Il mondo cooperativo ha iniziato a muoversi: la proposta di legge contro le false cooperativeè sicuramente positiva, così come lo è la Carta di Assisi che nel trentennale di Federsolidarietà ha ben marcato in un’occasione così solenne l’impegno della cooperazione sociale autentica.
Due ulteriori passaggi debbono però essere messi in cantiere.
Il primo è condivisibilmente evidenziato da Cantone nella sua intervista e riguarda il rapporto con la politica. Che va “sterilizzato” rispetto a tutte le possibili deviazioni. Sì, perché un denominatore comune alle vicende giudiziarie che interessano le cooperative sociali e non solo è proprio il rapporto con la politica. Il che non vuol dire ovviamente non dialogare – anzi, bisogna farlo – con chi contribuisce ad amministrare la cosa pubblica, ma individuare dei paletti molto stringenti che evitino rapporti pericolosi: mai contributi economici, mai iniziative / sostegni elettorali, possibilmente mai passaggi diretti da ruoli apicali di terzo settore alla politica. Tutte cose assolutamente legali ma da evitare (sull’evitare quelle illegali non c’è bisogno di scriverlo).
Il secondo riguarda gli strumenti. Perché si possono fare le migliori enunciazioni, individuare i principi più saldi, ma poi è necessario darsi degli strumenti efficaci. E i controlli costano. Probabilmente la soluzione non sta nel moltiplicarli, ma nel qualificare quelli esistenti, a partire dalla revisione, che, accanto ad intercettare eventuali casi di irregolarità esplicita, deve essere in grado di attivare sistemi di allerta anche in caso di situazioni perfettamente legali ma dubbie dal punto di vista dello stile cooperativo.