Dall’Ucraina a Rimini, tra pregiudizi, difficoltà e determinazione.
La storia di Viktor

Le storie dei ragazzi immigrati per lavoro sembrano tutte assomigliarsi un po: la fuga da una guerra o da una crisi economica, le speranze di una vita migliore, i sacrifici. Le umiliazioni. In realtà ciascuna di esse possiede una peculiarità ed una dignità che spesso fa fatica ad essere ri-conosciuta.

Non si scompone tanto Viktor quando gli chiedono se vuole raccontare la propria storia, sorride compiaciuto, fa un cenno con la testa. Infondo è contento che qualcuno si interessi alla sua vita. Viktor è un ragazzone ucraino di 36 anni, che ha fatto della guida professionale il suo mestiere, può condurre ogni tipo di camion, perché possiede tutte le patenti di guida. Ne è fiero quando ne parla perché è una cosa che ha costruito personalmente, con il tempo e con i sacrifici. Sa bene di cosa sta parlando perché, sin dalla sua infanzia, precisa: “ho dovuto imparare il valore di ogni singolo centesimo guadagnato”. Aveva solo sei anni quando il padre, ventottenne, muore in un incidente stradale. La madre, vedova a soli 24 anni, fa quello che può, per tirare su due figli: vita semplice e sacrifici di ogni tipo, fino a che le cose non diventano ingestibili. Nel 91 infatti, quando Viktor ha circa 10 anni, la Repubblica Socialista Sovietica Ucraina, nata nel 1917 come uno dei membri fondatori dell’URSS, si dissolve e viene dichiarata l’indipendenza dall’Unione Sovietica. Nel suo paese inizia un periodo di grandi difficoltà economiche in cui, ricorda Viktor – “i soldi che avevamo in casa non valevano più niente”.

Per sopravvivere e mantenere la famiglia la mamma è costretta ad emigrare in Italia e lasciare i figli alla nonna. Da Santarcangelo di Romagna, dove trova un lavoro come badante, riesce a mandare un sostegno puntuale alla famiglia, tanto che Viktor riesce ad andare avanti, continuando la scuola e distinguendosi in classe con ottimi risultati, sino a diplomarsi con il massimo dei voti. Un risultato che gli da il diritto di iscriversi alla facoltà di Economia e Management senza fare l’esame di ammissione. Ma la vita non va sempre come uno sogna e anche lo studio è un lusso che non tutti possono permettersi. Una lezione che oramai Viktor, a soli vent’anni, ha imparato bene. Dopo 2 anni e diversi esami fatti, arriva il momento che, per mantenersi, deve lasciare gli studi e così decide di prendersi una pausa e raggiungere la madre per trovare un lavoro.

Quella che doveva essere solo una parentesi diventa un’avventura impegnativa che lo proietta in un’altra vita, completamente nuova. A vent’anni cambiare paese è un salto davvero grande perché all’improvviso ti trovi a modificare tante cose della tua vita, ogni abitudine – “per fortuna che c’era mia mamma che all’inizio mi ha dato una mano”. Giardiniere, operaio tutto fare, manutenzioni, sono tanti gli impieghi che Viktor prova e con cui inizia a gustare il sapore dell’autonomia. Sogna di prendere la patente perché quella ucraina non si può convertire e come tutti i ragazzi della sua età, vorrebbe comprarsi un’auto. Dopo qualche tempo arriva l’opportunità di essere assunto come idraulico, si tratta di un’occupazione stabile ed anche l’occasione di imparare un mestiere vero, “non potevo lasciarmela sfuggire”. Per tre anni fa quel mestiere e impara moltissimo, divenendo autonomo per tanti aspetti, tanto che nel 2004 decide di tornare a casa. C’è una ragazza che lo sta aspettando e la nostalgia del suo paese lo divora. Adesso è un idraulico quasi finito e può fare tante cose anche in autonomia, anche nel suo paese d’origine. Torna a casa e inizia subito a lavorare. Le competenze acquisite e tanta determinazione gli consentono di lavorare sin da subito come idraulico nelle ristrutturazioni edilizie. Le cose si sistemano, sembra che tutto si metta per il meglio, tanto che decide di mettere su famiglia. Nascono i suoi due figli. Ma la crisi del 2008 è vicina e quando sembra che tutto sia a posto, tutto sta per ricominciare.

Come in quasi tutta Europa, la crisi del 2008, colpisce per primi gli autonomi che non ricevono più commesse di lavoro, poi le banche chiudono i rubinetti del credito. Viktor non è più nelle condizioni di garantire un futuro alla propria famiglia: è obbligato a tornare in Italia. E’ il periodo più difficile della sua vita, si mantiene con lavori precari in una condizione di clandestinità, sia lui che la famiglia, che intanto lo ha raggiunto a Rimini. “Certo avevo paura, e non solo dei controlli, ero preoccupato per i miei figli piccoli, che io volevo frequentassero l’asilo. Non è stato per niente facile, ma c’era qualcosa che mi spingeva ad andare avanti, ero convinto che in qualche modo ce l’avrei fatta”. Sono tanti i bocconi amari che deve mandare giù, facendo finta di niente. Datori di lavoro che lo sfruttano approfittando della sua condizione di clandestinità, maltrattamenti e offese, con quei commenti pesanti, con cui gli immigrati spesso sono etichettati. Ma Viktor non si fa mai intimorire, mantiene dritta la barra della legalità e del rispetto per gli altri, non perde mai la speranza e soprattutto è determinato nel suo obiettivo: sistemarsi e dare un futuro migliore ai propri figli. “Sapevo di non essere in regola con il permesso di soggiorno, ma ho sempre rispettato le leggi e mantenuto un comportamento corretto”. Fino a che non arriva la tanto agognata sanatoria del 2012, con cui riesce a regolarizzare lui e i suoi familiari. I bambini si iscrivono a scuola, le cose iniziano a prendere di nuovo il verso giusto.

La regolarizzazione gli da un po di sicurezza e così decide di investire su di se: provare a prendere tutte le patenti di guida. “E’ un grande investimento – precisa – non solo in termini economici ma soprattutto in termini di tempo e anche di impegno personale”. Per oltre due anni, dopo il lavoro da custode in un magazzino, frequenta i corsi serali della scuola guida. Uno dopo l’altro riesce a fare tutti gli esami previsti e alla fine prende tutte le patenti di guida, compreso quella professionale. E’ un passaggio fondamentale della sua vita, una scelta faticosa, che gli fa paura, per la quale diverse volte ha dei dubbi, ma alla fine supera tutti gli esami e riesce nel suo obiettivo. Si aprono nuove opportunità, che lui stesso non poteva immaginare.

Nell’azienda dove era impiegato come magazziniere va in pensione un’autista, e così riceve la proposta di fare il mestiere per cui tanto si è dato da fare. Ha una capacità naturale alla guida di tutti i mezzi pesanti e fa un’esperienza importante anche in altre realtà dove però non trova mai le condizioni dignitose per rimanere. Poi una compaesana gli propone di fare domanda a La Formica: “in cooperativa cercano autisti specializzati con la patente per guidare i camion”. Supera il colloquio e tutte le prove di guida previste per chi fa domanda di lavoro. Viene assunto subito. Scopre una realtà in cui lavorano già tanti stranieri e c’è un clima d’accoglienza e rispetto reciproco – “così il lavoro non fa paura – dice – si affronta molto meglio perché sento la stima e l’apprezzamento per quello che faccio”. Si trova subito bene e fa presto ad integrarsi nel gruppo di lavoro, viene assegnato alla raccolta differenziata e, anche se all’inizio ha qualche difficoltà ad imparare le strade della città, si fida dei responsabili che lo seguono dicendogli “di fare un passo per volta e che poi, una volta conosciuta la zona, avrebbe sorriso pensando alle sue paure”.

Ma Viktor, in un certo senso, sorride già. Ha imparato bene quali sono le vere paure di un uomo. Ora si sente a casa, ha molti amici italiani che conoscono la sua storia, con cui si confida e si diverte. Sente i figli parlare con l’accento romagnolo, ripensa ai momenti difficili e alle discriminazioni subite come immigrato. “Solo la conoscenza personale – ribadisce – può buttare giù il muro del pregiudizio”. Adesso lo sa anche lui: nella cooperazione sociale è possibile trovare un lavoro dignitoso in cui le persone sono rispettate per quello che sono. “Anche se non sei italiano, anche se sei stato clandestino, anche se raccogli l’immondizia e parli con un accento diverso”.

Violante Emiliano

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